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HYBRIS E NEMESIS

2012

Architettura e crisi:
un mondo in continua ri-(e)voluzione

PROLOGO Sofocle, attorno al 420 a.C., racconta che Edipo, in fuga dalla terribile profezia che lo vedeva uccidere suo padre e sposare la propria madre, s’incontra sulla strada per Delfi con Laio e, dopo un alterco, lo uccide. Tempo dopo, durante una pestilenza a Tebe di cui era diventato Re, Edipo scopre che il suo vero padre era proprio Laio e che, dopo la sua morte, l’ignaro si è sposato con Giocastra: vedova di Laio e sua madre naturale. La profezia si era compiuta e la pestilenza che tormentava Tebe trova la sua ragione nell’Hybris involontaria commessa da Edipo. La Moira, ossia il destino naturale che ogni essere umano deve seguire, non prevedeva tale sfida alla natura per cui la peste si abbatte sui disgraziati protagonisti della storia e sul loro popolo: la Némesis si consumava condannando gli orribili atti compiuti inconsapevolmente da Edipo. Una volta capito l’accaduto, la madre-sposa Giocastra s’impicca, mentre Edipo, appena la vede, si acceca e si esilia nella vergogna e nel dolore più assoluti. Giustizia è fatta, la macchia dell’atto ignominioso è pulita e l’ordine naturale è ristabilito. La vita può continuare. PARODO Dagli albori della storia l’essere umano ha voluto lasciare traccia del suo passaggio nella terra per istinto di superamento, per vanità, per auto celebrazione, per prolungare la sua esistenza oltre il limite invalicabile della morte. Per questo s’intraprendono le imprese più azzardate e memorabili, sfidando, ogni volta, i limiti della tecnica e mettono alla prova le regole imposte dalla natura e dalla Moira. A ogni risultato raggiunto si desidera sempre di più, perchè i desideri sono tanti, spesso al di sopra delle nostre possibilità e tutti vogliamo che si compiano, a costo di sfidare nuovamente la Moira. PRIMO EPISODIO: LA MALEDIZIONE DEGLI ANNI `70 I momenti economicamente positivi portano con sé grandi attese, crescita culturale e voglia di cambio del proprio intorno, sia fisico sia mentale, spesso con una tendenza a negare tutto ciò che ricorda un passato austero e depresso. Dopo due terribili guerre che hanno sconvolto il mondo intero, come un turbine entrano nelle case di tutti il Team 10, la Vespa, la poesia di Moebius, il Rock psicodelico, il viaggio sulla Luna, Pollock, Orson Welles, e l’entusiastico amore verso un nuovo modo di fare architettura e di concepire la città, finalmente libera dai lacci ottocenteschi che ne impedivano l’evoluzione e l’adeguamento ai nuovi valori ormai gridati da ogni dove. È ricominciata la corsa all’oro, alla grande impresa, al progetto più importante, al più grande, al più caro, al più eclatante; ma sempre in nome della “buona architettura”, del benessere sociale e del progresso della civilizzazione. La corsa e l’entusiasmo sono cresciuti a tal punto che siamo arrivati a chiamare i nostri guru “archi-star”, a dimenticarci dei dettagli, degli spazi e del perché li ammiriamo, a contare solo le tonnellate di cemento che muovevano i loro progetti, ormai misurati in campi da calcio e in pubblicazioni nelle riviste internazionali. I risultati, però, c’erano: i grattacieli continuavano a battere record d’altezza, gli aeroporti crescevano sempre più, i musei operavano già in franchising, i ponti non poggiavano più a terra e l’orgoglio dell’uomo toccava ormai le stelle. Solo, a volte, quando la sera tutto taceva, si sentiva qualche scricchiolio, ma non era delle imperiose strutture d’acciaio e vetro. Si cominciava a parlare sottovoce di crisi energetica, di cambio climatico, di “bolla”, d’insostenibilità del sistema, di un mondo che succhiava risorse che la terra non possedeva e pagava le sue imprese con capitali virtuali, inesistenti, il cui valore era quotato non sul denaro che c’era realmente ma su quello che si prevedeva di guadagnare con la nuova attività. Poi, però, tornava il giorno e tutto si copriva con il frastuono dei risultati, con i luccichii delle nuove città costruite nel deserto e, troppo spesso, con il boato dei cannoni e dei bombardieri che facevano la spola fra Kabul e Bagdad. PRIMO STASIMO Come nella crisi c’è il germe della ripresa, così, all’ottimismo orgoglioso e miope del benessere succede una nuova caduta. Più o meno forte ma proporzionale in intensità e durata alla crescita e all’entusiasmo avuto durante l’illusorio periodo di benessere che ci ha fatto pensare che quella sarebbe stata la realtà e che la vita di stenti e miseria dei nostri nonni era solo una parentesi triste e inspiegabile nella quale si erano trovati per sbaglio o per stupidità. SECONDO EPISODIO Oggi giorno l’architettura e lo studio della città hanno raggiunto mete che fino a pochi decenni fa erano impensabili, e questo grazie ai nuovi materiali e alle loro applicazioni, alle nuove teorie filosofiche e sociali. Finalmente si poteva raggiungere l’Olimpo con facilità e le gesta di Prometeo, comparate con i lavori di molti architetti e urbanisti, ormai erano cosa da poco. Purtroppo, però, al di là dell’innovazione e dei successi, la speculazione e l’entusiasmo dati dal facile guadagno e dalla presa di coscienza che la costruzione è un motore fondamentale per la crescita di un paese, hanno portato alla degenerazione e al logoramento dell’“ars aedificatoria”: più costruisci, più territorio viene cementificato, più si muovono capitali, più aumenta lo status di benessere. L’arrogante ingenuità di associare costruzione con occupazione del territorio comincia a mostrare i suoi effetti collaterali: secondo Legambiente, nel 2009 in Italia c’erano 5,2 milioni di alloggi vuoti solo nelle grandi città, ossia 1,2 milioni di alloggi in più rispetto a quelli edificati nel decennio precedente. In Cina e in molti paesi che rappresentano le nuove economie mondiali questi fenomeni stanno accadendo a scala ancora più grande. Come una legge non scritta della natura, una volta compiuta l’Hybris, la Nèmesis non tarda ad arrivare e il gigante che si nutre di se stesso prima o poi si rende conto che sta diventando il suo stesso carnefice. Il 15 settembre del 2008 la compagnia di servizi finanziari Lehman Brothers annuncia il fallimento, sancendo, così, ufficialmente l’inizio di un temporale di grandi dimensioni il cui arrivo si annunciava già da tempo. Lo scossone improvviso fa si che tutto sia rimesso a soqquadro, le discussioni e i dibattiti sulla crisi si ripetono ogni giorno e si spulcia nei meandri del sistema globale per cercare di ricomporre un equilibrio che in realtà non si è mai avuto. Brancolando nel buio, i più dotti economisti e ferrati politici cercano di arginare il fiume in piena, ma sembra ormai tardi, il danno è stato fatto. I sindaci delle capitali non desiderano più edifici firmati da stelle dell’architettura moderna: sono troppo occupati a pagare i debiti stratosferici accumulati in epoca passata, quando l’illusoria liquidità delle banche permetteva a chiunque di costruire, comprare e rivendere qualunque cosa, il prezzo non era un problema. La speculazione edilizia è arrivata al collasso, le banche non dispongono più di liquidi, la compra-vendita si è fermata e cadono come mosche tutte le attività che girano attorno alle economie colpite dalla crisi: la “bolla” è scoppiata. Ci si rende conto che un approccio troppo aggressivo ha portato il sistema alla bancarotta, si è capito che, sfruttando la costruzione con meno affanno speculativo e servendosene in modo più rispettoso non si sarebbe arrivati a queste conseguenze. Ci si sta rendendo conto che la costruzione, così com’è stata intesa fino ad oggi, comporta anche distruzione del paesaggio, abuso di risorse, mancata visione del futuro e conseguente ritorno al declino, condizione necessaria per fermarsi a pensare, recuperare le forze e avere un nuovo impulso di crescita. Secondo Stasimo [im]possible living: La prima comunità globale nata per localizzare e dare nuova vita agli edifici abbandonati. www.impossibleliving.com n’undo: Ri-architettura del territorio e della città partendo dalla Non-Costruzione, dalla Minimizzazione, dalla Riutilizzazione e dall'Abbattimento. www.nundo.org TERZO EPISODIO: NOI decidiamo qual è la nostra Nèmesis Dopo aver preso atto che la situazione è cambiata dovremmo finalmente convincerci dell’impossibilità di tornare all’antico modo di vivere e il recupero; il ristabilimento di un “equilibrio” dipende, fondamentalmente, da quanto siamo disposti a rinunciare del tenore di vita che avevamo in epoca di benessere. Bisogna cambiare qualcosa del sistema in cui abbiamo vissuto finora: invece di continuare a occupare territorio perché più facile e più speculativo (il grande guadagno nelle speculazioni immobiliari consiste nella riconversione della destinazione d’uso dei terreni!) Occupiamo gli edifici dismessi e riconvertiamoli, ridiamo vita a ciò che è rimasto abbandonato ed evitiamo di costruirne a fianco un sostituto che a breve termine sembra più economico e di facile realizzazione, ma a lungo termine è molto più caro e complicato da gestire. Diamo agli spazi vuoti lo stesso valore che hanno quelli già edificati, siano essi oggetto di valorizzazione del costruito e non area residuale da densificare in futuro. La città è già piena di aree costruite, come vecchie fabbriche, edifici non più utilizzati e zone urbane abbandonate. Che motivo abbiamo di costruire ancora? Usiamo la disciplina urbanistica come strumento di gestione, di bonifica, pianificazione e di controllo dell’esistente e non programma di ciò che deve ancora esistere. Sia l’architettura la pratica di miglioramento e utilizzo di ciò che la città già ci offre e di ciò che l’urbanistica coordina. Questo processo contiene in se importanti implicazioni politiche ma può essere la scintilla di un nuovo sistema economico e di gestione dell’urbe. Implica l’imposizione di tasse per il nuovo costruito e di agevolazioni per il recupero, di valorizzazione pecuniaria dello spazio vuoto e di penalizzazione della densità. Il nuovo modo di costruire e di gestire l’esistente genererà nuove figure specializzate: non nel costruire ex novo ma nel recupero sistematico dell’esistente; con le relative implicazioni che consistono nella gestione delle tecnologie e delle problematiche specifiche di questo approccio architettonico. Le azioni consisteranno nell’eliminazione dal nostro orizzonte di tutto ciò che porta con sé il “nuovo” o l’“ampliamento” e nel potenziamento dei processi di “associazione”, di “connessione” di “unione” di “apertura” attraverso il conferimento di “nuove funzioni”, di “intercomunicazioni”, di “adattamenti” e di “riconversioni”. In termini generali, facendo un bilancio economico, di vantaggio sociale e di ottimizzazione delle risorse, deve essere più conveniente recuperare e trasformare adattando a nuove destinazioni d’uso che costruire da zero. In questo modo, da una parte scongiuriamo il processo di distruzione del paesaggio e dall’altra partecipiamo all’eliminazione del degrado urbano, specie nelle periferie metropolitane. Recuperando e trasformando o, addirittura, demolendo edifici esistenti ci si trova obbligati a prendere in considerazione anche il loro intorno dal punto di vista architettonico, urbanistico e sciale, riqualificando aree e ristabilendo equilibri sociali andati persi a causa di errori o di mutamenti nella struttura urbana. Troppo spesso ci si scontra con il paradosso delle zone urbane o extra urbane abbandonate al degrado per obsolescenza o per disuso, mentre lo sviluppo si concentra in aree vergini da edificare. La sinergia fra architetti, urbanisti e politici dovrà concentrarsi a migliorare l’esistente usando la conversione come fulcro di crescita di zone specifiche e motore per lo sviluppo urbano. ESODO La riconversione, l’uso delle nuove tecnologie, la sostenibilità e l’efficienza energetica usati come volano della costruzione genereranno nuovi spazi professionali, apriranno nuove opportunità di mercato e daranno ossigeno a un sistema ormai asfissiato dalla sua obsolescenza. L’uso sostenibile degli edifici sarà fondamentale in questo nuovo panorama e i sistemi di autosufficienza energetica e di ottimizzazione delle risorse saranno una colonna portante per la costruzione del futuro. Nuove professionalità, porteranno avanti un nuovo modo di vedere la costruzione: tecnici e costruttori che assicurino l’ottimizzazione delle risorse esistenti e che creeranno un nuovo volano economico, non più basato sullo sfruttamento di ulteriori risorse (spazi, materiali, energie, ecc...) ma sul riutilizzo di elementi esistenti e sul loro adattamento alle necessità attuali. Un nuovo modo di approcciarsi all’uso dello spazio e della società, l’uso di nuove tecnologie che permettano di migliorare le condizioni dell’edificato e di adattarlo alle necessità attuali e lo sfruttamento delle energie rinnovabili possono partecipare a dare una soluzione concreta al momento in ci viviamo e aprire una porta a una crescita sensata e, per una volta, proiettata verso il futuro. Prefabbricato ad uso industriale nascosto tra altri capannoni, cerca di farsi leggere come insieme di cubi accostati tra loro a formare un grande parallelepipedo orfano di parti di volume nei punti in cui la funzionalità dell'edificio lo richiede. Per gli ingressi, baie di carico e palazzina uffici si è proceduto per sottrazione dal volume completo, sottolineata dal diverso colore e dalla diversa granulometria del muro. I cubi, privi di porte di ingresso, vengono trattati con finitura liscia e colorati in scala di grigio in quanto successivi uno all’altro; i vuoti (ovvero gli ingressi) vengono realizzati con il pannello rovescio che presenta una superficie più scabrosa e poi colorati in verde. La composizione, leggibile grazie ai colori e alla granulosità della finitura (metodo economico ma efficace), viene anche usata nel piano orizzontale: l’area di pertinenza di ciascun cubo verrà trattata in modo differenziato, alternando asfalto, cemento colorato, ghiaino sciolto e prato in relazione al colore del muro che vi si prospetta.

URBAN CHARTE OF PRINCIPLES

2009

David Bottos - Pedro Ruiz Delbreil

INTRO Infrastructure must be understood as a broad term, a cluster web, a new, largely invisible type of materiality. It has a critical resonance, a direct reach or extensivity into the adjacent material environment that no architecture alone can approximate. Communication, transmission of energy and information as vital systems have different degrees of visibility: roads, cables and waves. Concentration by means of vertical scheme tries to distribute cables and pipelines as the skyscraper optimizes energy reservoirs, from the electrical power substations, the centre of processing of information, the gas and water tanks to domestic devices. Technical walls will be constructed in that cluster web together with the communication tracks where all the lines will be separated vertically and connected both sides: urban exterior side and domestic interior side. THE CLUSTER, THE PROJECT SCALE AND THE TERRITORY IDENTITY The city is a living organism and, as such, the process of analysis and definition of its systems would be impossible without using models that, in spite of their simplicity, allow us to analyze the urban functioning. With this assumption in mind, we consider the cluster as the basic unit of the city. The cluster is a portion of the urban space defined by the distance that a person can cover without needing public or private transportation: from a quarter to half an hour walking, corresponding approximately to a couple kilometres in distance. A group of clusters forms the urban area. Seen in this way the vision of the city will be double:- From the big scale to the small scale, in other words "think globally, act locally" which is translated in the town planning language as "think territory to articulate clusters"; - From the small scale to the big scale, from the perception level of the inhabitant, we can affirm "create routes, to form clusters".The cluster constitutes the micro scale of the city and can be compared to the scale of the neighbourhood where the citizen can find a place where he is identified. It is the level of the daily life: residence, education, health, leisure, trade and sociocultural services. It is based on routes taken by the citizen; these routes allow citizens acess to other clusters, to the road links of the city and to its links with the exterior, the stations of public transport. The territorial scale (macro), made up by districts, the municipality or the agglomeration, consists of the articulation of the clusters. The above mentioned articulation takes root in the permeability of the urban net: the streets of every cluster connect with those of its environment and try to avoid breaking phenomena. This assumes that communication infrastructures, conceived as a network, have to be treated in a compatible way with the urban net: urban boulevards, routes for cars and pedestrian paths are articulated with the communication routes of the clusters. The ordination of the clusters is based in five principles: territorial insertion, the fluid city, the organization of multicentrality, the pedestrian scale and the perception identity. THE TERRITORY: INSERTION INSTEAD OF IMPOSITION The urban shape has to be adapted to the existing forms. More than pre-established geometries (reticulated, concentric, stellar …), and formed on a space considered virgin, we prefer to use the existing forms as starting point traces: in the rural environment, using relief, hydrography, vegetation and landscape values; in the urban environment, analyzing the ancient buildings and the social utilization of the space. In short, we have to look for social and physical prints inherited from history and from nature, to make the impact of the intervention as light as possible. THE FLUID CITY: THE SPACE IN A PERMEABLE FORM Both the creation of routes and the articulation of clusters have to be based on spatial permeability. This concept includes: Space planning based on communication tracks, trying to avoid the fragmentation and sectorization; using the free space as a conductive thread of the urban form. Connection planning in a multidirectional form, in the centre as well as in the suburbs. Infrastructure is big, ubiquitous and foundational; it is water, fuel and electrical reservoirs, routes and rates of supply. The exfoliations of cluster grid amplify their gestures to macroscopic, sometimes even scales; they think and act boldly even when working in miniature, because they work within the material of the grid itself. - To solve the inevitable sectorizations created by streets, multiply the crossing ways and especially articulate them with the existing or projected routes. To fight against the social segregation and the differences that the global city produces we prefer an approach based on the connection between spaces: using permeability to communicate the isolated neighbourhoods and to reduce the segregation between spaces that have different socioeconomic levels. ORGANIZE THE MULTICENTRALITY: PUBLIC TRANSPORT AS URBAN JUNCTION Because of phenomena such as massive urbanization and worldwide migration we believe that the city will continue to expand and that the only way to control this is by organizing urban development with the multicentrality. This means creating areas not only in the historic centres but also in the periphery, where edification density decreases. We try to articulate this multicentrality in the following way: Public transportation stops are the connections between different clusters, that is to say the step to the urban dimension where a mean of transportation (public or private) becomes necessary. Urban elements like public and private equipments, commercial areas and other tertiary urban equipments will be located around these stops. Starting from these areas the density is organized in a plurilinear way, following the axis of the free spaces as urban gaps and communication ways. Density is not to be considered in a dogmatic way but only as a tool: the possibility of using heterogeneous forms is not excluded if they are considered healthy for the urban system. - The concentration of uses with attraction capacity around the centres mustn’t be confused with a new form of zoning, what we are trying to do is to increase the mixture of uses, by reducing the distance between the different areas or, if not possible, implanting secondary centres and developing communication. THE PEDESTRIAN SCALE We assume the current trend towards the reduction of car traffic in the city as the major contribution of urbanism to fight against the climatic change. We assume the impossibility of thinking about city planning without the presence of the car with its exponential occupation of space, for circulation and for parking, together with the deterioration of the environment that comes with it. Quite on the contrary, public transport adds a social role to mobility: the integration of motorized groups with ones that don’t have a private vehicle. This approach is completely opposed to the logic of personal comfort: for its implementation the project is not enough, a political need will be necessary. The biggest characteristic of this level of urban shape consists in the trace of a street frame of proximity, with a limited width and many crossing points, that isn’t affected by traffic congestion but, on the contrary, it dissuades the use of private vehicles. This pedestrian street net carries the creation of areas of limited dimensions, preventing the creation of big areas that generate massive buildings. The reduction of length of the edification fronts also stimulates the permeability of the fluid city. THE SITE AS IDENTITY LINK Opposing the current trend of architecture, more oriented towards spectacular design than towards the optimization of buildings and spaces, we prefer an architecture that creates intimate environments and is thought as the continuity of urban space. Our aim is to focus citizens towards the identification of their everyday life, integrating elements of their own urban identity such as the reutilization of ancient and degraded buildings, a specific and easily recognizable monument, a free space treatment specially projected for a specific cluster. Architecture appears in this moment, considered as the result, the derivation of a way of thinking and of an acting process in the territory; it is the mixture between specific functionality and the role that has in the society. It isn’t the imposition of a form but the result of an intention.

CLUSTERTOWN

2009

David Bottos - Nicola Brunelli - Diego Caloi

INTRODUZIONE Il lavoro dell’architetto spesso vive una contraddizione intrinseca. Considerando che la questa professione consiste nell’intento di migliorare la vita dell’essere umano costruendo edifici o intervenendo nella gestione e sistemazione di aree urbane, molto spesso il risultato di sforzi e di idee rimane frustrato dall’impossibilità di passare dal progetto alla costruzione reale. Questa frustrazione é paragonabile all’impossibilità di un artista plastico di eseguire una opera pensata ma troppo complicata o costosa da realizzare. La soluzione di questa contraddizione intrinseca consiste nel fatto che nel lavoro dell’architetto, come in quello dell’artista in generale c’é una componente molto importante che riguarda il progetto, ossia la traduzione delle sue idee in intenzione reale, chiara e definita. Il progetto, oggi piú che mai, ha un’importanza vitale poiché porta con se il germe di teorie e di pratiche che non devono cadere nella dimenticanza ma sempre piú sono oggetto di studio e di ispirazione. Il progetto sta assumendo sempre piú un interesse parallelo e autonomo rispetto alla sua realizzazione. Gli strumenti informatici ed i mezzi di comunicazione che ci sono a disposizione oggi giorno aiutano a stigmatizzare l’importanza della pratica progettuale e a dargli un’autonomia rispetto alla realizzazione. In questo modo il progetto partecipa alla storia del’architettura e sviluppa teorie e idee indipendenti che possono partecipare nella pratica dell’architettura in generale e nella costruzione in particolare.Internet é uno di questi mezzi fondamentali che permette alla creativitá di non essere fine a se stessa ma di essere usata per la diffusione e l’intercambio di idee, cosa fondamentale per lo sviluppo della pratica aschitettonica o artistica in generale. LA CITTÁ Cluster Town é una cittá immaginaria realizzata su internet il cui sistema di funzionamento é basato sulla partecipazione e interazione dei differenti iscritti (o cittadini) che, apportando i loro modelli tridimensionali di progetti realizzati, vanno generando la cittá e assistono al suo sviluppo e alla sua evoluzione. Lo siluppo di tutto ciò che si verifica in Cluster Town dipende dal passare del tempo, dalla interazione fra le differenti entitá architettoniche e dalla loro relazione con gli avvenimenti sociali, economici e culturali che avvengono nel mondo.Da questo concetto deriva il nome di Cluster (=grappolo) Town (=Cittá), ossia una realtá generata dalla partecipazione di molte entitá, da un gruppo di persone e da avvenimenti che interattuano fra loro. Ci troviamo in uno spazio piano, illimitato, senza cambi altimetrici e senza interferenze naturali di alcun tipo come mare, fiumi, colline, faglie geologiche o disastri climatici. Insomma, un foglio in bianco, una “tabula rasa” libera da qualunque influenza che possa conferire alla cittá un carattere specifico, vernacolare o comunque soggettivo alla localizzazione. Questo sará il punto di inizio dal quale si comincierá a sviluppare un complesso urbano visto non come qualcosa di reale ma come una simulazione dello sviluppo di una cittá qualsiasi, potendone seguire la vita passo a passo ma con il fattore tempo compresso. Con queste premesse internet sará il formato ideale per la realizzazione del progetto. La necessitá di una condizione di “tabula rasa” nasce dall’intenzione di simulare la creazione di una cittá consona piú al secolo in cui viviamo che alla cittá “classica” la cui genesi era determinata piú da condizioni geografiche, storiche, economiche, politiche e climatologiche che da una pianificazione urbana fatta a tavolino, come ultimamente succede con le nuove forme urbne (da Chandigarh e Brasilia, alle cittá fasciste, alle nuove megalopoli Cinesi, Sharm El Sheikh, Dubai, Cancún, Sylicon Valley ecc…). La struttura di questi complessi urbani che stanno nascendo normalmente dipende piú da delle necesitá contingenti e ha la tendenza di assumere un carattere monotematico (cittá dormitorio, cittá turistiche, cittá amministrative, cittá colonizzatrici, cittá tecnologiche, …). Questo nuovo sistema di genesi urbana é di gran lunga differente dal lento sviluppo organico, risultato di secoli di vita, di facimenti di disfacimenti, piú vicina al metodo di prova-errore tipico della cittá classica. La pianificazione dei nuovi insediamenti urbani spesso nasconde in se un carattere incondizionale, divino e allo stesso tempo di principio e di fine. Questo contesto cela la illusa arroganza dell’architetto e del pianificatore ma riduce ai minimi termini le condizioni di principio di un organismo urbano. Ed é qui che troviamo il momento piú adatto e piú profiquo per intromettreci nella sottile linea che si crea fra la simulazione e la realtá generando un modello che cerchi di approfittare dei dati e degli insegnamenti che possono dare le due realtá: da una parte la nuova cittá del secolo XXI progettata a tavolino e in un tempo limitato, dall’altra la simulazione astratta del suo funzionamento basata su dati reali. Introducendoci nella fessura dove la realtá comincia ad avvicinarsi alla simulazione (la progettazione delle nuove cittá che stanno fiorendo nel mondo é molto differente da Cluster Town?) potremmo giungere a conclusioni che possono aiutarci a dare un passo avanti nella pratica dell’urbanistica e potremmo ottenere informazioni che, pur sempre prese con le adeguate riserve, possono essere interessanti per il conoscimento del funzionamento urbano e possono generare dati che siano il piú obbiettivi al possibile e che si allontanano dalle sempre piú opinabili teorie urbanistiche. Si prendono come traccia questi nuovi modelli di cittá, oltretutto, perché sono caratteristici dei paesi emergenti (Cina, Russia, India, america latina …), paesi “vergini” sotto molti punti di vista e che, per la loro deficienza di infrastrutture basiche sono obbligati a rispondere in maniera massiva e sempre piú rapidamente alle necessitá che impone la marcia forzata del mondo globalizzato. REALIZZAZIONE Questo modello di cittá si realizzerebbe nella rete e sarebbe costantemente a disposizione di tutti perché in qualunque momento chiunque potrá accedere e apportare le modifiche inerenti alla propria partecipazione nel sistema (che dipenderá dal terreno e dalle edificazioni che possiede). L’apportazione del soggetto consisterá nel caricare nella rete i suoi modelli tridimensionali di progetti utopici, realizzati o irrealizzabili utilizzando Cluster Town come una potente piattaforma di sperimentazione a piccola scala (edificio) e a grande scala (complesso urbano). L’unica condizione é che le differenti apportazioni siano coerenti con il momento ed funzionamento della cittá; per esempio, non avrá senso costruire una centrale nucleare in una cittá di poce decine di case. La pena sará la naturale svalutazione della costruzione, l’abbandono e la perdita dell’edificio. La somma e l’interazione di tutti i cittadini di Cluster Town con i loro edifici unita a fattori economici e sociali esterni dará come risultato la vita e lo sviluppo della cittá. Sará come un organismo vivente che evoluzionerá e si modificherá a seconda delle azioni dei differenti cittadini e dei differenti fattori che influenzeranno l’andamento di Cluster Town. I fattori esterni che partecipano al corso della storia di Cluster Town sono dati economici, sociali e politici del mondo reale che si utilizzeranno in Cluster Town e che non dipendono da nessuna entitá in particolare ma che influenzeranno lo sviluppo della cittá (come nella vita reale). Se gli Stati Uniti attanncano l’Irak e aumenta il prezzo del petrolio questo fatto influenzerá il prezzo del terreno e di conseguenza degli edifici di Cluster Town. Se le azioni della borsa scendono il prezzo degli edifici suole aumentare e se si riduce la quantitá di denaro in circolazione le entrate dei locali di ozio (teatri, ristoranti, musei,…) diminueranno con la conseguente diminuzione del valore di determnate attivitá. L’aumento o la diminuzione degli affri o del prezzo delle cose influenzerá anche la variazione del valore dei terreni, degli edifici e della loro posizione rispetto al centro della cittá. Tutti questi dati si dovranno basare su fonti ufficiali che si stabiliranno a priori (Ibexx, Banca Mondiale, The economist, Il Sole 24 Ore ….). Partendo dalla base di piano isotropo, infinito e sterile l’idea é quella di introdurre, a partire punto “zero” che sará l’origine di uno spazio illimitato e virtuale, una reticola cartesiana che generará l’unitá di misura minima dello spazio (1m x 1m o 60cm x 60cm) e che ci permetterá di orientrci. Una volta definita l’unitá di misura base e il sistema di orientazione ogni cittadino o promotore, accedendo al sistema, potrá acquistare il territorio necessario per adattarlo al suo progetto e caricare il suo edificio nel terreno da lui acquisito. Come in tutte le cittá sará necessaria la creazione di una commissione urbanistica che vada poco a poco generando una serie di normtive, direttive e principi da seguire per evitare uno sviluppo caotico della cittá e per seguire lo sviluppo di Cluster Town che, con il tempo avrá bisogno di nuove normative e nuove direttive che si adatteranno alle condizioni contigenti e guideranno lo sviluppo della cittá verso la direzione che si consideri piú opportuna. Naturalmente, come punto di partenza e come si fa in tutte le cittá realizzate a tavolino si genererá un piano maestro che regirá e guiderá la cittá ai suoi albori. Sarebbe interessante procedere alla redazione del piano maestro in collaborazione con universitá di differenti paesi e con urbanisti e professionisti di differente formazione per poter unire in maniera costruttiva l’eperienza e il pensiero di vari punti di vista, mantenendo il livello sperimentale all’apice delle sue potenzialitá. Una volta definito il piano maestro che guiderá la forma ed il carattere della cittá si potranno definire piani parziali che si affideranno a differenti entitá piú piccole e che saranno un fertile campo di sperimentazione per studi universitari, corsi accademici, entitá private, ecc. In questi punti possono interattuare la comissione urbanistica (che corrisponde alla giunta comunale), corsi o progetti di pianificazione urabana (che definiranno la pianificazione della zona) e corsi di architettura che potranno simulare i problemi reali dell’edificazione e, allo stesso tempo, sperimentare e intrdurre, anche se in un modello virtuale, gli edifici progettati. Tutto ció incrementato con l’apportazione di entitá private che parteciperanno allo sviluppo di Cluster Town attrverso l’introduzione di progetti realizzati, sperimetali, utopici, da realizzare ecc. Ogni tipo di apportazione, con fine di studio, di sperimentazione, pubblicitario, di pratica architettonica, culturale, commerciale o quant’altro sará di vitale importanza per lo sviluppo della cittá. In questo modo l’approccio classico del progetto di “cittá ideale” (da Pienza e Palmanova alle cittá di Le Corbusier e Wright a Plug-in City ecc.) che aveva una sua importanza teorica é deviato verso un approccio differente che guarda la realtá attuale ed é basato su dati e tendenze reali, con l’intenzione di riconciliarci con una realtá urbana che rischia sempre piú di scapparci di mano. APPLICAZIONI • Foro di discussione di teorie, applicazioni, nuove tendenze, … • Database di referenze. • Analisi dei dati che si possono ricavare dallo sviluppo e dalla vita di CT. • Autopromozioni come professionisti, artisti, ecc… • Pubblicitá di imprese, scuole, universitá, privati e tutti gli enti che partecipano a CT. • Compra-vendita di prodotti. • Organizzazione di cicli di video arte, cortometraggi tematici ecc. • Esposizioni di arte grafica e multimediale: nel museo di CT. • Concorsi usando come localizzazione Cluster Town. • Proposte a studi e artisti conosciuti di intervenire in Cluster Town con un progetto. • Localizzazioni per progetti scolastici.

Progettazione architettonica impianto fotovoltaico, miglioramento energetico, ristrutturazione, rinnovo, bonus

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